Filetto di
Cosa sapere:
Tutto comincia dal Merluzzo Nordico, pesce osseo marino appartenente alla famiglia Gadidae che si distingue per denominazione scientifica in Gadus Morhua e Gadus Macrocephalus a seconda della zona di pesca di appartenenza: il primo si trova nelle fredde acque dell’Oceano Atlantico, il secondo in quelle del Pacifico.
Generalmente vive vicino al fondale marino a profondità comprese tra i 50 e i 200 metri e ha una forte predilezione per le acque fredde con temperature
intorno ai 1-8°C.
Ogni inverno tra dicembre ed aprile questo pesce migra lungo le coste per depositare le uova e questo eroico viaggio lo porta a sviluppare una muscolatura forte e una carne incredibilmente compatta, insuperabile per gusto e consistenza.
La pesca, più abbondante e qualitativamente migliore nel periodo invernale, avviene attraverso ami e palangari fissi. Questo metodo di pesca, denominato Longline, a differenza della pesca che impiega reti da traino e da circuizione, permette una maggiore cura dei pesci perché riduce notevolmente gli ematomi e la frattura delle carni.
Il Longline è considerato un metodo di pesca a ridotto impatto ambientale, sia per la poco invasività sui fondali marini, sia per il limitato by-catch (pesca accidentale di altre specie marine).
E’ proprio in questa fase che il merluzzo nordico diventa Baccalà: con il DM del 28 ottobre 1997 può definirsi baccalà (e/o stoccafisso) soltanto il merluzzo nordico della specie Gadus Morhua o Gadus Macrocephalus che abbia subito il processo di essiccazione e/o salatura.
A seconda del prodotto finale ottenuto, il baccalà si distingue in: baccalà secco, solitamente intero con spina dorsale, e baccalà salato o salinato, anch’esso intero con spina dorsale o prodotto in filetti.
Lavorazione del baccalà salato
Il pesce dopo essere stato decapitato ed eviscerato, viene “splittato” o “aperto a farfalla” attraverso un taglio che va dalla pancia alla coda.
Personale specializzato esegue il “triming” eliminando residui di sangue o di viscere e lava il pesce con abbondante acqua. Compiuto questo passaggio, viene tenuto a bagno in una salamoia molto concentrata per circa una settimana.
Una volta terminato il bagno nella salamoia, i pesci vengono posizionati su appositi pallet nei quali si alternano strati di sale secco a strati di pesce. È proprio in questa fase che avviene la stagionatura che dura dalle tre alle quattro settimane. Durante la stagionatura avviene uno scambio di sale e molecole d’acqua che consente la maturazione e la conservazione del pesce.
Per assicurare una qualità e una pressione regolare, dopo circa 4-5 giorni il pesce viene spostato dallo strato più basso al più alto e, mentre si effettua questa inversione, si controlla altresì la qualità. Il pesce si considera baccalà e sufficientemente salato quando il contenuto di sale supera il 18%. Una volta completata la stagionatura, si procede con il taglio in filetti o in tranci.
Lavorazione del baccalà secco
Il processo produttivo del baccalà secco si distingue dal salato perché, una volta terminata la stagionatura sotto sale, il pesce viene sistemato su dei telai o rastrelliere ed inserito in speciali tunnel di essiccazione per circa 6-7 giorni.
Grazie all’essiccazione, che permette l’eliminazione dell’acqua contenuta nelle carni, è possibile impiegare minori quantità di sale per la successiva conservazione; tale processo conferisce al baccalà un sapore più deciso e caratteristico.
Il merluzzo nordico è un pesce onnivoro e molto vorace. I giovani si nutrono all’inizio di zooplancton, con la crescita predano crostacei ed altri invertebrati e in età adulta cacciano sopratutto altri pesci; solo di rado si nutrono di alghe e altre sostanze vegetali.
Può accadere che all’interno di un filetto si individui un corpo estraneo, solitamente di questo aspetto:
Non allarmatevi, si tratta di Anisakis: un parassita che può essere presente in tutta la catena alimentare del pesce e che – quando inattivato – non costituisce un rischio per la salute dell’uomo.
Questi ospiti misurano dai 1 ai 3 cm, vanno dal colore bianco al rosato, sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su se stessi, ma approfondiamo l’argomento.
Come dicevamo l’Anisakis è un parassita che può essere presente in tutta la catena alimentare del pesce: il ciclo vitale dell’anisakis è particolarmente complesso e coinvolge molti esseri viventi dell’ecosistema marino.
Ciclo biologico
Le specie di Anisakis svolgono il loro ciclo biologico in ambiente marino.
Le uova vengono rilasciate in acqua attraverso le feci dei mammiferi marini e si sviluppano vari stadi larvali.
Subito dopo la schiusa vengono ingeriti dal primo ospite intermedio, un crostaceo, che a sua volta viene ingerito dal secondo ospite intermedio, che è il pesce.
A questo punto si sviluppa l’ultimo stadio larvale che può passare direttamente al suo ospite definitivo (mammiferi marini) per il completamento del suo ciclo biologico oppure può trovarsi accidentalmente in un altro ospite definito accidentale (nel quale il parassita non evolve a successivi stadi di sviluppo), che può essere l’uomo se quest’ultimo si ciba di pesce crudo, o poco cotto, che contiene al suo interno la larva di Anisakis.
Curiosità
Contrariamente a quello che potrebbe sembrare la presenza del parassita nelle acque marine non è un segno di inquinamento ma bensì di vitalità dell’ecosistema
Anisakis: come renderlo inattivo
Come da Regolamente UE n. 1276/2011 che modifica l’allegato III del Regolamento (CE) n. 853/2004, ci sono trattamenti che inattivano le larve e che pertanto scongiurano il rischio per la salute umana. I trattamenti possibili sono:
- Trattamento termico a -20° C
per almeno 24 ore - Trattamento termico a -35° C
per almeno 15 ore - Cottura ad una temperatura al centro del
prodotto superiore o uguale a 60° C per
almeno un minuto.
È stato effettuato uno studio volto a valutare l’efficacia del processo di salatura sull’inattivazione delle larve anisikidae:
Estratto da “Italian Journal of Food Safety 2017; volume 6:6964”
I nostri fornitori sono qualificati e affidabili, ci avvaliamo delle loro dichiarazioni di trattamento termico a -20° per almeno 24 ore e, come indichiamo nell’ etichetta, consigliamo il consumo previa accurata cottura.
2. L’AGGIUNTA DELL’ACQUA
Mettere le porzioni ben lavate in una bacinella con dell’acqua e riporre in frigorifero
NOTE
Se l’ambiente domestico non supera la temperatura di 15-20°c, consigliamo di effettuare l’ammollo fuori dal frigorifero:
Mettere la bacinella con le porzioni nel lavandino domestico con un filo di acqua corrente, così da permettere il continuo ricambio di acqua.
4. VERIFICA DEL PUNTO DI SALE
Trascorse 72 ore verificare che il filetto sia completamente dissalato:
Inserire uno stuzzicadenti nella carne del filetto, assaporare lo stuzzicadenti e verificarne il sapore.
Se lo stuzzicadenti è sapido vuole dire che il filetto ha bisogno di qualche ora in più di ammollo.
IL TUO FILETTO È PRONTO, BEN FATTO!